Accontentandoci di quello abbiamo, al posto di chiedere e cercare qualcosa che non ci è indispensabile – Nicola Canestrari

Una lunga lettera di Nicola, volontario Urukundo in Burundi; la ventunesima della nostra rubrica “Lettere dalla missione”. 

Cari ragazzi/ragazze,

mi scuso per il ritardo nello scrivervi, ma domenica sera mi sono definitivamente trasferito alla casa Cometa, a 200m dall’internato scolastico con i nostri cari amici Pigmei, quindi non ho avuto il tempo materiale per fare il diario. Poi arrivando qua, ho scoperto che non c’è nessun tipo di connessione. Ovvero mi è impossibile trovare l’accesso a internet, anche con la pennetta. Quindi la sola soluzione è tornare, ogni volta che mi voglio connettere, alla congregazione madre a Urukundo. La cosa non mi risulta difficile dal momento che è appunto da domenica che giro con la moto. Fra l’altro comprendo sempre di più l’utilità di quest’ultima, poiché gli spostamenti sono veloci e efficaci. In più è veramente qualcosa di straordinario girare con la moto. Non l’avevo mai fatto prima, e adesso ogni mattina che la prendo mi sembra quasi di volare. È una sensazione di dolce libertà che mi porta a stretto contatto con l’aria, con il vento donandomi la falsa impressione di poterlo dominare, di poter essere per un instante io colui che lo guida e che l’orienta nel suo cammino. I miei tanto piccoli quanto quotidiani viaggi in moto mi ricordano un film di Nanni Moretti che si chiama “Caro diario” e che consiglio spassionatamente a voi tutti.

Oltre questo piccolo richiamo cinematografico, qua le giornate scorrono veloci, anche se la concezione di velocità in Africa è una concezione totalmente differente rispetto alla nostra. Infatti mi piacerebbe appunto condividere con voi, una piccola riflessione sul concetto di Tempo africano. Lo stesso Tempo che cammina inesorabilmente per noi tutti giorno dopo giorno. Quando sono arrivato, rimasi molto colpito o per dire meglio alquanto destabilizzato da Burundi-circled4come il tempo qua prendeva e donava la vita ogni giorno. Non riuscivo a comprendere come le giornate potessero sembrare così infinite, nel loro scorrere in una maniera così apparentemente lenta e al contempo quasi nascosta. In realtà a volte mi veniva da pensare che qua il Tempo, è come se avesse il desiderio segreto di fermarsi, per riposarsi un po’ dall’intensità di un sole che a volte fa sentire in una maniera eloquente la sua presenza. Pensavo che è come se qui tutti avessero bisogno di rilassarsi un po’, per prendere infine la vita con più tranquillità. Da una parte non mi sono ancora ricreduto, dal momento che trovo vero il fatto che i ritmi africani sono ritmi più dolci e più pacati dove la corsa riesce difficilmente a concepire se stessa, e dove molte angosce e inquietudini occidentali si trasformano giorno dopo in giorno in una sorta di sorriso di fondo tanto speranzoso quanto positivo. Riguardo a questo punto un caro fratello, il cui nome è Desiré, si è espresso in un modo molto esplicativo dicendomi un giorno: “Sai qua ci sono molti pochi pensieri angoscianti, poiché ci si accontenta di quello che si ha. Una qualsiasi contadina, si alza ogni giorno pregando Dio che possa trovare da mangiare qualcosa per lei e per la sua famiglia. Quindi va nei campi, e cerca e lavora in modo tale da ottenere quel poco che cercava. Ciò che io, come d’altronde tanti burundesi, chiamo il pane quotidiano. Una volta trovato, torna a casa e ringrazia infinitamente Dio per avergli regalato questa opportunità. Questo mio caro fratello, è quello che facciamo giorno dopo giorno a, e che quindi soddisfa soltanto il nostro funesto desiderio di avere, la nostra nefasta voglia di possedere per essere in realtà ciecamente posseduti”. Però è altrettanto veritiero che questa maniera di vedere e di prendere la vita, non è una maniera diciamo negligente ma è un modo solamente diverso d’interpretare il lavoro, il riposo e la condivisione. Ritengo che sia ingiusto pensare che qua in Africa si perde tempo, dal momento che ho sempre visto molto molto attivi i fratelli della congregazione, come d’altronde tante altre persone autoctone che vedo o con cui ho instaurato rapporti di Amicizia. Diciamo che qui la differenza la fanno ancora gli esseri umani, e non la fretta artificiosa e allo stesso tempo artificiale che nell’altra parte del mondo, spinge inconsciamente le persone a correre dietro a qualcosa che non raggiungeranno mai. Spasmodica fretta che ci ha fatto dimenticare qualcosa di veramente prezioso nella nostra frenetica corsa, ovvero l’incontro con se stessi. Diciamo che qua, pur rimanendo nella loro apparente lentezza, hanno ancora del tempo da dedicare a loro stessi per condividersi, e per condividere un sorriso di vita con l’Altro.

Ci tenevo molto a cercare di far capire che a volte la lentezza, non è effettivamente una lentezza che si possa generalizzare e assolutizzare così facilmente, proprio perché sottende un profondo strato culturale che senza dubbio li porta a vedere l’esistenza intera con degli occhi molto molto diversi, ma non per questo migliori o peggiori dei nostri nella diversità culturale reciproca che in fin dei conti pervade noi tutti, portandoci allo_DSC0456 stesso tempo a sorridere nella stessa maniera di fondo.

Detto questo, passo molto volentieri all’internato scolastico. La casa Cometa è veramente favolosa e sono molto molto gioioso di essere qui. Vivo con i fratelli Georges, Pascal e Adrien. Si stanno veramente prendendo cura di me, tanto che penso di non avere mai ricevuto tanto dolcezza e gentilezza in vita mia. Condividere la vita con loro, e alzarsi ogni mattina vedendosi attorniato da quello sguardo tanto silenzioso quanto spettacolare che prende il nome di natura, mi riempie il cuore di gioia e mi rasserena molto. Nell’internato ci sono altri fratelli, fra cui dei seminaristi, e Padre Taddeo. I ragazzi sono arrivati domenica e abbiamo fatto una messa d’introduzione, dove fra l’altro lo stesso padre Taddeo mi ha presentato davanti a tutti. Per ora il sostegno non è ancora iniziato, dal momento che la scuola è cominciata questo lunedì, e purtroppo nelle scuole pubbliche il programma è molto più lento e al contempo più disorganizzato. Ovvero non hanno ancora compiti da fare. Pensiamo in ogni caso di iniziare il sostegno lunedì prossimo. Personalmente non vedo l’ora di cominciare, in modo tale che possa subito descrivervi le tanto primissime quanto indimenticabili impressioni. Per ora ho parlato con diversi ragazzi e sembrano essere molto sorridenti e accoglienti. Appena inizieremo concretamente a lavorare con i nostri amici pigmei, vi dirò anche come si svolgono e come si suddividono le sessioni di studio nel pomeriggio. Per contro ogni mattina continuo a assistere, e a insegnare nella scuola privata delle suore. Questa settimana mi hanno dato il mio orario definitivo. Sono molto contento del lavoro che stiamo facendo a scuola con i ragazzi. Gli altri insegnanti sono gentilissimi, e a poco a poco stiamo creando delle bellissime amicizie. Continuo a credere che sia tutto un sogno, e che io stia sognando a occhi aperti.

Vorrei concludere parlando delle suore italiane assassinate a Bujumbura. Qua sono rimasti tutti profondamente toccati. Inizialmente correva voce che fossero stati dei musulmani ma alla fine è venuto fuori che il criminale era cattolico, e che in realtà viveva e lavorava per e nella comunità. Sembra che avesse delle situazioni in sospeso con quest’ultima, e che infine la sua frustrazione estrema si fosse appunto concretizzata con questo brutale assassinio. In realtà non so quanto possa essere veritiero tutto questo. Penso che ci siano tante cose che mi sfuggono in questa questione come in tante altre in cui c’è di mezzo la politica. Tante cose sono nascoste, latenti e in più doppiamente difficili da decifrare per me poiché non comprendo la loro lingua nazionale, ovvero il Kirundi. Comunque ciò che posso dire ad alta voce è che mi sento molto molto sicuro e protetto con e dalla congregazione. Mi hanno accolto come un figlio, come un fratello minore da rispettare e da amare profondamente. Continuerò a scrivervi domenica in modo tale che possa continuare l’idea madre di scrivervi alla fine di ogni settimana.

Un forte e dolce abbraccio.

Uniti sempre nel sorriso dell’amore.

Buon cammino.

Nicola

 

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