“Perché da certi viaggi…in un certo senso, non si torna più” – Michele, Ilaria e Rachele in Mozambico

img_2381Raccontare l’Africa non è facile soprattutto perché si deve parlare di un’esperienza personale, perché è più quello che si prova e si vive piuttosto di un susseguirsi di fatti o eventi semplicemente da raccontare. Comunque ci proviamo, perché la testimonianza di un’esperienza così può suscitare curiosità e interesse ai giovani e meno giovani che leggeranno queste poche righe e perché no decidere di partire per viverla in prima persona.

Nel mese di Agosto io, Ilaria e Rachele (due giovani ragazze di Pergola) siamo partiti o meglio ripartiti per il Mozambico dove, nella Diocesi di Tete e non solo, attraverso i Missionari della Consolata il Centro Missionario della Diocesi di Fano Fossombrone Cagli Pergola da alcuni anni ha rapporti di amicizia, comunione ecclesiale e cooperazione.
Se mi chiedete “perché vai in Africa ?” io rispondo vado perché è un Paese che mi ridona la gioia del vivere, mi fa gustare la bellezza dell’essenziale, mi fa vedere con la fede cristiana è autentica promozione umana dell’individuo, mi fa conoscere persone che hanno tanto da insegnarmi, perché mi piace vivere un po’ di tempo nella loro quotidianità e perché l’Africa è il futuro.
Nella prima settimana, siamo stati ospiti del seminario dei Missionari della Consolata a Maputo e oltre a vivere con i giovani la loro vita abbiamo visitato diverse realtà di periferia presenti nella capitale mozambicana tra cui in particolare un centro gestito dalle Suore Missionarie della Carità di Madre Teresa di Calcutta che ospita bambini orfani, ragazzi, giovani e adulti che in diversi modi e condizioni sono state vittime del virus dell’HIV. E’ stata una mattinata che ci ha toccato molto e non ci ha lasciato per niente indifferenti di fronte a questa piaga del XX secolo che in un Paese africano è ancora più difficile da combattere e aggrava le condizioni già precarie della popolazione per lo più giovane.
Nella settimana successiva poi, riprendendo l’aereo ci siamo spostati nella Diocesi di Tete dove nei giorni subito a seguire ci siamo trasferiti nella missione di Fingòe a qualche ora di macchina dalla città di Tete.
Per tutti noi è stato bello vivere diversi giorni in questa nuova missione cattolica che attraverso la presenza di tre missionari sta portando alle persone non solo tutto ciò che riguarda la fede, la prima evangelizzazione e i sacramenti, ma con l’aiuto anche di altri giovani locali stanno contribuendo alla promozione umana e sociale dell’intera popolazione del Distretto.
A Fingòe, dopo l’esperienza di Ilaria, è stato attivato da lei e dalle sue compagnie di viaggio lo scorso anno un progetto a sostegno delle donne dei villaggi con l’obiettivo di formare e creare donne capaci di contribuire in maniera attiva al bene delle comunità di appartenenza. Quest’anno è stata l’occasione di portare i frutti di questo progetto e anche di vedere già come le donne dei villaggi di Fingòe sono elementi attivi della comunità.
Gli ultimi giorni poi abbiamo avuto l’occasione di visitare altre realtà della Diocesi di Tete tra cui Boroma (prima missione cattolica fondata nel 1885), Changara e l’Orfanotrofio San José.
Nelle ultime due realtà sono attivi dei piccoli progetti di cooperazione che il Centro Missionario ha attivato qualche anno fa.
A Changara il Centro Missionario in collaborazione con i sacerdoti locali sostiene un centro che ospita anziani che, nella cultura africana, diventando improduttivi lasciano la casa di famiglia ai propri figli e attendono la morte. Qui trovano posto dove vivere in maniera dignitosa gli ultimi anni della loro vita aiutati dal welfare nazionale ma soprattutto dalla parrocchia.
Mentre nel Centro San Josè gestito dalle suore di San Josè di Cluny, che si trova nella periferia di Tete, vivono circa 75 bambini e ragazzi che sono stati abbandonati dai loro genitori o sono rimasti orfani.
I giorni all’Orfanotrofio San Josè sono stati quelli che mi hanno interrogato di più e mi hanno fatto commuovere perché se è vero che in Africa ci sono tanti problemi legati ai bisogni primari di ogni individuo a questi bambini e ragazzi, sono stati ingiustamente privati anche l’affetto e la presenza della loro famiglia.
img_8497A questi ragazzi, il giorno prima di partire per rientrare in Italia, ho promesso di tornare nel 2018…chissà se riuscirò a mantenere questa promessa e poter così rigodere ancora della bellezza di quella terra e delle persone che la abitano perché da certi viaggi, in un certo senso, non si torna più.

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Per rimanere aggiornati e scoprire di più su questa Missione visitate il sito della Centro Missionario Diocesano di Fano www.ildiso.it, la pagina Facebook “Centro Missionario Diocesano – Fano” oppure contattate noi tre giovani che abbiamo vissuto in prima persona questa esperienza.

 

Michele Montanari

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